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sabato 1 ottobre 2011

Super 8 - La recensione (in ritardo)


Attendevo Super 8 da tanto tempo, probabilmente da prima di gran parte di voi. Non appena sulla Rete si cominciarono a diffondere le prime informazioni riguardo questo progetto, le mia antenne si sintonizzarono permanentemente in quella direzione. E non perché io sia un fan di J. J. Abrams (che non conosco abbastanza da poter valutare, mancandomi interamente il capitolo Lost), ma perché mi entusiasmava l’idea alla base del film: produrre, nel 2011, un film-omaggio a un tipo di cinema che non si fa più, quello pensato ad uso e consumo di un pubblico molto giovane, quello che Steven Spielberg, nelle vesti di regista e produttore, ha portato al successo fra la fine degli anni ’70 e e l’inizio degli anni ’90.

Super 8 racconta una storia piuttosto semplice. Ohio, 1979. Una cittadina della provincia americana è sconvolta da un disastro ferroviario: un treno si scontra con un pick up, deraglia, e perde il suo prezioso contenuto top secret. Immediatamente sul posto si precipitano interi plotoni dell’esercito, nel vano tentativo di ristabilire l’ordine e di tenere la popolazione locale all’oscuro di ciò che realmente sta succedendo. Vi ricorda qualcosa? Ma certo, è un canovaccio tipico di un certo tipo di fantascienza, istituzionalizzato dal cinema americano e poi ripreso in innumerevoli varianti in tutto il mondo, non solo al cinema (un esempio su tutti: la miniserie a fumetti Caravan). Quello che è originale nel film di Abrams è il punto di vista sull’azione. Protagonisti sono alcuni ragazzini della città che assistono per caso all’incidente mentre stanno girando un horror amatoriale in super8, e che si ritrovano irrimediabilmente coinvolti nell’intrigo: una scelta che rimanda ovviamente ai classici di Spielberg, in cui i personaggi principali erano bambini liberi di girare in bicicletta per le strade nuvolose dell’America anni ’70.

L’originalità dell’impianto narrativo, però, finisce qui. Tutto il resto – personaggi, vicende personali, finale – è piuttosto prevedibile, quando non telefonato o già visto e rivisto. Super 8 è un film che fa un uso abbondante di stereotipi: il che, come ho già detto altre volte, non è necessariamente un male, basta sapere come utilizzarli. E in questo film non si fa niente per creare un po’ di scompiglio: ogni persona agisce esattamente come ci si aspetterebbe, i personaggi che devono morire muoiono, e le cose vanno proprio come in molti altri film di questo genere.

Descritto in questo modo Super 8 sembrerebbe un film da cui tenersi alla larga, e invece non è esattamente così. Certo, se per voi la trama è tutto resterete senza ombra di dubbio delusi, ma prima di dare un giudizio su questo film vale la pena concentrarsi su un secondo aspetto. Super 8 è – come ho scritto in apertura – un film-omaggio: e in quanto tale funziona non bene, ma benissimo. La verità è che una pellicola di questo tipo presuppone altri film per essere apprezzata appieno: se non avete visto E.T., Incontri ravvicinati del terzo tipo, I Goonies – e se non li avete visti nel giusto momento della vostra vita, aggiungerei – probabilmente non potete riconoscere il fascino nascosto di Super 8. In questo film ogni elemento trasuda un amore per il citazionismo che ha dell’incredibile: dalle già citate biciclette alle scenografie, dalla famiglia complicata fino ad arrivare alla fotografia (che mi è sembrata ricalcare volutamente quella scura e vagamente sporca tipica del cinema americano di quei tempi). Per non parlare dei rimandi che un fan di Abrams potrebbe trovare in un’opera del genere: qualcosa mi dice che l’abbondanza di controluce e lens flare ha qualcosa a che fare con questo…

Ci si potrebbe chiedere, a questo punto, se il gioco valga la candela; e, di conseguenza, se valga la pena vedere questo film. La risposta non ve la so dare, e credo che sia in buona parte una questione personale, che va al di là dei gusti cinematografici: al pari di altre operazioni-nostalgia, Super 8 parla al cuore delle persone e ai sentimenti associati ai film che fanno sognare da bambini. Forse una pellicola di questo tipo dimostra una volta di più come il cinema abbia la capacità di fondare delle vere e proprie mitologie moderne, ridefinendo l'immaginario collettivo.

Io, da fan di Spielberg e da sostenitore dei film/libri pensati per i ragazzi, ho trovato questa pellicola gradevole: senza essere un capolavoro, regala comunque qualche bel momento di tensione, alcune battute fulminanti, dei begli effetti speciali. Però, allo stesso tempo, mi ha lasciato con l’amaro in bocca: come se gli mancasse quel qualcosa che rendeva unici i film cui si ispira, come se fosse la dimostrazione del detto “l’abito non fa il monaco”. A questo punto sorge spontanea la domanda: i capolavori di Spielberg erano tali perché li abbiamo visti da ragazzini, oppure c’era qualcosa che li rendeva davvero speciali? Temo proprio che la risposta sia al di là della mia comprensione.

In ogni caso, non abbandonate la sala all’apparire dei titoli di coda: mentre scorrono i credits del film, viene trasmesso finalmente il corto realizzato dai protagonisti. Vi assicuro che è fatto talmente bene, nella sua finta artigianalità, che a tratti è più bello del film stesso.

Luigi

4 commenti:

Valeria ha detto...

come direbbe una persona che conosco io, il film è GODIBILE anche per chi, come me, non ama il genere.
Certo, dovrei rimediare alle mie lacune e vedere per esempio ET o Incontri ravvicinati del terzo tipo, ma per ora non ho tempo: devo finire la retrospettiva su Nanni Moretti! ;)

livio15 ha detto...

Lo vedrò sicuramente, mi ha incuriosito questa recensione sopratutto perché mi aspettavo un film di altro genere, comunque forse ciò che rendeva speciali quei film era un po l'eta, un po la novità ed un po credo la nostra ingenuità, vedere un film del genere ora non ha effetto perché abbiamo troppe aspettative secondo me.

gabriele ha detto...

sono d'accordo con te su tutto quello che dici in questa recensione... ma non essere troppo severo.
Il film è veramente godibile da tutti e reinterpreta un genere che non morirà mai.
E non so dirti perchè, ma lo metterei volentieri tra quei film che rivedrei di nuovo anche subito.

Luigi ha detto...

Lo preciso: a me il film è piaciuto. Solo che me lo aspettavo meglio...

Concordo pienamente l'affermazione sul genere che non morirà mai, anche se rispetto al passato è decisamente più appannato. Sembra che gli adolescenti di oggi preferiscano "Twilight"...

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