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mercoledì 12 ottobre 2011

La luna è tramontata

John Steinbeck è un autore fondamentale, che piaccia o meno, nella storia della letteratura del Novecento. Io aggiungo la chiosa "nonostante sia americano", ma sono sciocco a non mettere il luce proprio questo aspetto: l'influenza è dovuta a un'innegabile egemonia culturale degli Stati Uniti a livello globale, e più direttamente sull'Occidente.

Gran parte dell'opera di Steinbeck è americana, incentrata sulla California, terra entrata nel mito anche grazie a lui, e imbevuta di ideali tipicamente statunintensi, dal mito della frontiera a una visione critica del sogno americano: fattori che lo rendono in qualche modo diverso dalle sensazioni che dà qualsiasi scrittore europeo a lui contemporaneo, senza addentrarci sull'influenza che proprio Steinbeck avrà su scrittori europei successivi e avvertiti come potentemente vicini alle terre in cui vissero (oltre che più vicini, paradossalmente, alla sensibilità dei lettori rispetto ai talvolta oscuri predecessori). C'è almeno un'eccezione, seppur piccola, a questa tendenza dell'opera di Steinbeck a nutrirsi e appagarsi nella realtà statunitense, e si tratta di un romanzo minore che quasi passa inosservato, la Luna è tramontata.
Un romanzo d'occasione, per quanto l'occasione sia molto particolare, una fonte d'ispirazione molto fertile e tutt'ora viva: la seconda guerra mondiale.
Il romanzo racconta infatti la conquista di una piccola cittadina nordeuropea (si intuisce il romanzo sia ambientato in Norvegia) ad opera dei nazisti, nella fase delle guerre lampo di esito favorevole al Terzo Reich. L'azione bellica è grottescamente assente e liquidata nelle prime pagine: il piano di conquista della cittadina, di rilevanza strategica in quanto centro minerario, di una semplicità disarmante si è potuto realizzare grazie anche a una certa pacificità del popolo conquistato. Tale indole è specificata nell'atmosfera rustica e quasi comica in cui si svolge il primo incontro fra l'autorità cittadina, il sindaco Orden, e il comandante della forza occupante, il colonnello Lanser. Di fronte alla burocratica e spietata conquista il sindaco è imbarazzato e impacciato, forse anche a disagio per i preparativi cui la moglie lo ha costretto.
Da una parte ci sono i tedeschi che già sanno quanto carbone verrà estratto dalla miniera, dall'altra la moglie del sindaco che si chiede se sia opportuno o meno offrire un caffè.
In queste pagine la narrazione procede rapida e semplice, con una leggerezza che lascia appena trapelare l'inquietudine del sindaco e del suo stretto collaboratore, e "storico cittadino", il dottore del paese.
Inquietudine che non si rispecchia, nonostante i forti dubbi che animano il personaggio ben costruito di Lanser, nel conquistatore tedesco, descritto attraverso i ritratti molto umani e un po' buffi degli ufficiali a capo del contingente occupante.
Ma con il passare delle pagine quest'atmosfera muta inesorabilmente: il popolo reagisce alla conquista, a partire da istanze primarie (reazione ai turni di lavoro eccessivamente gravosi) fino a un più aperto anelito di libertà. I tedeschi si sentono minacciati e le psicologie dei diversi personaggi ne risentono fortemente: di fronte si trovano un fronte compatto, quello di un popolo oppresso che inevitabilmente si libererà del loro giogo. La narrazione si adegua a questo mutamento, rendendo in pieno i colori cupi della scena su cui va a essere rapprensentata una tragedia.
Tragedia che si realizza sotto diversi aspetti, che tutti paiono inesorabili: la Storia che impedisce e travolge gli affetti personali, la violenza che genera violenza, la libertà come anelito impossibile da sopprimere, la fine ingloriosa, un vero e proprio sacrificio, e che si intuisce sarà gravida di conseguenze del bonario ma fermo, "eroico", sindaco Orden.

La Luna è tramontata è un romanzo d'occasione, scritto durante la seconda guerra mondiale per raccontare la seconda guerra mondiale. Quasi inevitabile che abbia una morale ben chiara, esposta in modo talvolta eccessivamente didascalico: non si può sopprimere la libertà di un popolo, non si può porre un freno ai più alti sentimenti civili che animano gli esseri umani. Lezione in cui Steinbeck sembra credere fortemente in un libro che è sicuramente qualcosa di più di quello che poteva essere, ovvero un semplice manifesto di propaganda ad uso e consumo degli Alleati.
Risulta così ampiamente comprensibile, e giustificata dall'occasione, la retorica sicuramente presente nel libro, smorzata solamente nella sezione iniziale da un'ironia sapientemente dosata. Ancora una volta mi viene da mettere in luce come sia superbamente costruito il personaggio del colonnello Lanser che può essere visto come la vittima principale del dramma, in quanto consapevole di non poter mai essere compreso dal popolo conquistato, ma mai pronto a cedere a una cieca obbedienza agli ordini terribili che pure mette in atto e di cui risulta direttamente responsabile.
Proprio a causa dell'occasione, questo romanzo fu immediatamente tradotto in italiano: la prima edizione è del 1945, pubblicato in un Paese ancora occupato dagli stessi nazisti ritratti da Steinbeck, e può essere vista come un invito alla sollevazione popolare.
Una seconda traduzione, curata da Giorgio Monicelli, dello stesso romanzo è di poco posteriore, 1948, ed è quella che ho letto io: per quanto sciocco come motivo, in quanto completamente avulso dalle intenzioni dell'autore e legato in modo estremo alla condizione di ricezione dell'opera per me lettore, questo romanzo mi piace molto proprio per la traduzione. Sembra un film d'altri tempi, preciso e ben fatto, con una lingua viva per quanto racchiusa in una certa formalità desueta: un "romanzo" vero, seppur breve, che si legge facilmente e che forse avrà sempre qualcosa da dire.

Matteo

2 commenti:

Luigi ha detto...

Bella recensione! Mi hai fatto venire voglia di leggere il libro. Sembra quasi (ma no avendolo letto può essere una mia interpretazione) che il tema principale del libro sia quello dello scontro tra culture e civiltà.

Purtroppo non ho mai letto nulla di Steinbeck, e me ne vergogno molto (almeno "Furore" andrebbe letto, su)

Matteo R. ha detto...

Il tema che metti in luce tu Luigi è presente in una certa misura. Il fatto è che i nazisti non vengono rappresentati come delle macchiette (i cattivi) e quindi ci sono tante posizioni sfumate che generano diverse interpretazioni. La cultura ha un peso enorme nel finale del libro, che tu sicuramente potresti giudicare epico, e che infatti a me lascia in parte perplesso, pur riconoscendone la debita presenza e forza.

Sì, Steinbeck è uno di quelli che vanno letti. Anche io voglio rimediare a questa lacuna (a parte la Luna è tramontata ho solo una raccolta di racconti e desidero ardentemente la Valle dell'Eden)

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