Trovo abbastanza
difficile scrivere questo post senza darvi l’impressione di essere stato
profumatamente pagato per fare della pubblicità. Il massimo che posso fare,
dunque, è giocare d’anticipo e annunciare solennemente che ciò di cui vi
parlerò è soltanto frutto di una mia riflessione personale, che non voglio
indurvi a comprare qualcosa né voglio che intasiate di visite un sito web (a
meno che non sia questo, ovviamente).
Come sapete, tra i
miei interessi figurano anche i videogiochi: ne ho parlato più volte, sia su
questo blog che sul mio. Mi interesso a questa tematica non solo perché hanno
avuto un ruolo importante nella creazione del mio immaginario personale, ma
anche perché credo che nei prossimi tempi sarà un argomento sempre più
gettonato: il numero di videogiocatori aumenta, cresce anche la loro età, il
mercato muove sempre più soldi, lo spazio occupato sui media aumenta, e via di
questo passo.
C’è però un aspetto di
tutto questo ampio insieme di tematiche che mi affascina particolarmente, forse
perché è una cosa che tocco con mano di persona: il retrogaming. Con questo
termine si intende essenzialmente l’hobby di giocare videogiochi vecchi,
risalenti a diversi anni fa, spesso con grafica inguardabile per gli standard
odierni: se mi passate un parallelismo azzardato, è come vedere i classici del
cinema in bianco e nero. La cosa mi riguarda di persona perché ormai, quando videogioco, pratico esclusivamente retrogaming: non ho più il
tempo (e soprattutto non ho il denaro) per stare dietro ai vertiginosi salti
tecnologici dell’industria, e quindi mi accontento di cose più semplici e meno
esigenti.
Ma non credo che
questo fenomeno sia interessante soltanto per motivi personali. Il retrogaming
esiste già da qualche anno, eppure solo negli ultimi tempi sta prendendo piede in
maniera considerevole. Il perché mi sembra abbastanza chiaro: come vi dicevo
cresce l’età dei giocatori, e l’età adulta forse porta un pizzico di nostalgia
e malinconia per i tempi andati. Mi piace pensare, però, che nello stesso tempo
il boom del retrogaming rappresenti anche un ulteriore tassello sulla via della
maturità per i videogiochi: una sorta di presa di coscienza della storia e
delle origini, qualcosa che vada al di là del sentimentalismo personale.
È per questo motivo
che quando mi sono imbattuto in Good Old Games, qualche mese fa, sono rimasto
piacevolmente sorpreso. Good Old Games – abbreviato in gog.com – è un sito
internet dal nome evocativo che si occupa di vendita di videogiochi. La formula
è quella della distribuzione digitale: si consulta il catalogo online, si sceglie
il gioco, si paga con carta di credito e si scarica sul proprio Pc. Di servizi
del genere ne esistono diversi – uno dei più famosi è Steam, peraltro davvero
ottimo – ma Good Old Games si distingue dagli altri perché si focalizza solo ed
esclusivamente sui giochi vecchi. Praticamente il paradiso del retrogaming.
Good Old Games è di
proprietà di un’azienda polacca, la CD Project (famosa per la serie di giochi
di ruolo The Witcher), che ha avuto un’intuizione geniale: stipulare accordi
con i produttori e gli sviluppatori di videogiochi allo scopo di rivenderli
attraverso la propria piattaforma. Il fatto che si tratti di giochi vintage, unito alla dimensione digitale della copia, ha un’importantissima conseguenza: il
loro costo è basso, molto basso, di certo non paragonabile a quello dei titoli
attualmente nei negozi; tendenzialmente si aggira tra i 5 e i 9 dollari. Ogni
weekend, però, il sito organizza delle promozioni speciali per alcuni titoli,
facendo scendere il prezzo anche a 1 o 2 dollari; qualcosa di simile avviene
anche in concomitanza con dei periodi festivi particolari (l’ultima occasione,
ad esempio, è stata Halloween). Come se non bastasse – e qui c’è, a mio parere,
il tocco di classe – ogni gioco è associato a dei particolari bonus che il
giocatore riceve in omaggio al momento dell’acquisto: manuali originali
scannerizzati, bozetti, poster, sfondi per il desktop, perfino le colonne
sonore in qualche caso. Si tratta di un dettaglio che mi ha colpito molto, perché
valorizza il lavoro creativo che sta dietro al processo di creazione di ogni
singolo titolo.
Frequento Good Old
Games da qualche mese, e ho così avuto modo di vedere che il catalogo del sito
è in continua espansione: in genere vengono aggiunti due o tre giochi alla
settimana. Va detto che spesso questi giochi sono talmente vecchi che
potrebbero non essere compatibili con le ultime versioni di Windows: il sito
ovvia a questo problema fornendo versioni aggiornate, compatibili con tutti i
sistemi più moderni. Un mesetto fa mi sono persino registrato (l’occasione era
ghiotta: davano via gratis il primo episodio della serie Broken Sword. Ma vi
rendete conto?), e ho scoperto così che ogni utente ha la propria libreria
digitale, da cui può scaricare su qualsiasi Pc uno qualunque dei giochi
acquistati. C’è poi l’aspetto sociale del sito, che non ho esplorato: forum e
gruppi di discussione, dove chiedere aiuto in punti critici o semplicemente
scambiarsi opinioni sui titoli acquistati.
Ok, adesso la smetto
di parlarne bene. Non prima di avervi detto, però, che la scoperta di questo sito mi ha dato da pensare. Da
un lato c’è la riflessione sul retrogaming, di cui vi ho reso partecipi qualche
riga fa: Good Old Games è la testimonianza del fatto che il vintage, nel mondo
dei videogiochi, si appresta a vivere un periodo di splendore, dando ai titoli
del passato una nuova giovinezza. Dall’altro c’è un altro tipo di pensiero,
relativo all’annoso problema della pirateria. Qualcuno potrebbe chiedersi:
perché pagare per avere un prodotto vecchio, che può essere trovato anche per
altre vie su internet? Io ho smesso di pormi domande del genere molto tempo fa,
e ho sviluppato un mio giudizio su questa tematica. Però, al di là dei pensieri
personali, credo che i prezzi di questi giochi siano talmente vantaggiosi da
fugare ogni dubbio, senza voler considerare che spesso si tratta di capolavori
e che offrono anche diversi bonus.
Insomma, rivendico con
orgoglio nerd la mia voglia di retrogaming. Mi rendo conto che non è per tutti –
può essere dura reggere le grafiche pixellose di metà anni Novanta – ma è un’esperienza
che può essere provata anche da chi (come me, d’altra parte) non ha mai giocato
a certi pezzi di storia videoludica. Forse la cultura dei videogiochi - due termini spesso considerati in antitesi - passa anche da qua.
Luigi
7 commenti:
Sei la persona più nostalgica che conosco!
Comunque sul numero di questo mese di Wired c'è un articolo dedicato ad una piccola società che produce giochi per conto di Sony ovvero Thatgamecompany. Ok è vero che Sony=PS3=Playstation Store però erano molto interessanti le riflessioni che facevano riguardo la nascita di un nuovo target di consumatori nel mondo dei videogiochi: i 30enni non eccessivamente nerd i quali hanno passato molte piacevoli ore con i videogiochi e quindi desiderano coniugare questa piccola passione alla loro nuova vita fatta di lavoro e magari anche di una famiglia. In questa piccola casa di produzione (che hanno prodotto Flow, Flower e il prossimo è Journey) cercano di creare giochi adatti a loro, quindi con una durata che non superi le 4-6 ore, nessun combattimento e che mettano in ballo emozioni piuttosto che guerre. Non so se tutte le promesse sono state mantenute nei loro videogiochi. Però la riflessione mi pare azzeccata...
Luigi Ciao!
appoggio in pieno tutto quello che dici. I giochi "retro" come li chiami qui in realtà rappresentano una fetta importantissima di mercato. certo non faranno i milioni di incassi ma d'altra parte non richiedono neppure un grande team o risorse incredibili, sponsor ecc...
Vengono ad oggi prodotti giochi che ricalcano e migliorano il modello dei "vecchi" giochi rendendoli più attuali. potrei farti una lista infinita ma ne vengono prodotti a tonnellate ogni mese e vendono ti assicuro.
Insomma anche in questo caso se qualcuno ha una buona idea ma non sa come realizzarla io sono qui!
:)
a presto
Apro dicendo che purtroppo o per fortuna ho un Mac, il che mi impedisce di poter scaricare e giocare un'enorme fetta dei giochi di un tempo, tranne quelli astutamente spacciati su l'AppStore.
Lancio una provocazione: nostalgia a parte, non è che per caso gli adventure game di una volta erano davvero più "belli" (più avvincenti, più longevi, più ben scritti)?
Non può essere che la voglia di compensare la scadente grafica degli anni '80-'90 spingesse gli autori ad impegnarsi il doppio, il triplo, il quadruplo, nel confezionare una storia ed una sceneggiatura degne di questo nome?
A Lupigi e a voi tutti il giudizio.
concordo in pieno con GM!
la tristezza è proprio nel vedere prodotti eccellenti dal punto di vista grafico ma che si rifanno allo stesso schema e non hanno grande carisma (non tutti è chiaro. Il grande problema è anche che il grande pubblico cerca solo sparatorie e poca storia (dicono).
Fortunatamente c'è una larga fascia di vdeogiocatori che fa ancora attenzione alla trama.
L'unico videogioco cui io abbia mai giocato è Puzzle bobble: niente di più vintage!
Bel post comunque ;)
Prima di rispondere voglio dire che mai mi sarei aspettato di trovare ben quattro commenti (peraltro nel giro di dieci minuti) su un tema del genere. La cosa mi fa piacere, eh!
@Tiziana. Quello che dici è interessante. Non conoscevo lo sviluppatore in questione (anche perché non bazzico il mondo Playstation), però ho visto il trailer di "Jounrey" su Youtube e mi è sembrato decisamente accattivante.
Qui si potrebbe aprire un discorso più ampio sul "casual gaming" (su cui la Wii ha fatto la sua fortuna), ma la cosa meriterebbe un altro post. Di certo il target di questa compagnia mi sembra sempre più importante per l'industria: credo che sia lì che si fanno i soldi veri. Anche se c'è casual e casual, ovviamente (questo che citi mi sembra un casual buono, Wii Sport invece lo metto tra i cattivi).
@Gabriele. E' vero: oggi molti giochi moderni si rifanno, nella grafica e nelle dinamiche, a quelli del passato. Senza contare la moda dei remake, che come nel cinema occupano uno spazio sempre maggiore. Proprio ieri ho visto il trailer di "Rayman Origins", che mi sembra veramente paradigmatico in tal senso, ma potrei citare anche alcune avventure grafiche. Ovviamente il fatto che vengano prodotti vuol dire che hanno successo, e che quindi sono economicamente vantaggiosi.
@GM. Riguardo il Mac: su Steam ci sono molti giochi compatibili con la mela.
Riguardo il resto: con me sfondi una porta aperta, amico. Sono completamente d'accordo con te: ho sempre pensato che la genialità di certi titoli del passato fosse proprio volta a compensare le grafiche limitate dell'epoca. Non a caso, negli ultimi tempi, le cose più originali e apprezzate arrivano dagli sviluppatori indipendenti: senza budget e senza motori grafici sbalorditivi, questi eroi puntano tutto sulle meccaniche di gioco, sulla trama, su quegli elementi che oggi vengono ormai considerati accessori, e che invece sono il cuore pulsante di un (buon) gioco.
Nel caso specifico delle avventure grafiche, poi, c'è anche il fatto che manca la domanda dal mercato. Anche se qualcosa si sta muovendo...
@Gabriele2. La cosa che più mi intristisce è vedere che molta gente considera videogiochi soltanto quelli che offrono sparatorie, alimentando così il pregiudizio verso l'intera categoria.
@ Valeria. Eppure prima o poi ti devo far provare un'avventura grafica, almeno una... Non vedo perché non dovrebbero piacerti.
Mi rendo conto che ho scritto un commento lunghissimo senza in realtà approfondire nessun tema, ma se parto su certi temi non mi fermo più...
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