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lunedì 16 maggio 2011

Gli ultimi due album degli Ulver

Ho già avuto modo di parlare degli Ulver, gruppo facente parte della prima ondata di quel Black Metal norvegese che piace solo a me, e della sua posizione atipica rispetto al genere suonato in gioventù. A partire dal 1998, anno in cui esce Themes from William Blake's The Marriage of Heaven and Hell, il gruppo guidato dall'eclettico Garm (Kristoffer Rygg) abbandona il metal e si getta in uno sperimentalismo musicale che difficilmente trova eguali. Devo confessare che proprio con quest'album io li avevo abbandonati, non eccessivamente attirato dal periodo successivo, in cui la ricerca musicale si riveste di elettronica e approda all'interno del Trip hop, mantenendo una forte influenza ambient.


Ad aprile però è uscito l'ultimo album del gruppo norvegese (a cui si è aggiunto un elemento inglese, Daniel O'Sullivan) Wars of the Roses, e io mi sono potuto stupire di quanto siano cambiati ancora gli Ulver. Allora con piglio filologico sono andato ad ascoltarmi la loro produzione successiva a Themes che guarda caso inizia da un Ep intitolato apertamente Metamorphosis: e questa metamorfosi non è solo l'etichetta con cui i nostri definiscono il loro addio al mondo del metal, ma anche la cifra stilistica più autentica della loro esperienza musicale. La metamorfosi negli Ulver è continua e questo si palesa evidentemente nell'album uscito il 25 aprile scorso che insieme all'acclamatissimo Shadows of the Sun ha visto gli Ulver entrare in un'ennesima stagione della loro incomparabile carriera.

Shadows of the Sun è un album del 2007. Garm lo ha definito la produzione "più personale" del gruppo. Tore Ylwizaker, entrato nel gruppo nel 1998 (si occupa guarda caso di tastiere e campionatore), segnala come l'album sia ispirato alla musica da camera e a un attento studio dei compositori classici. Ci si può ritrovare molto delle suggestioni musicali degli anni '70, con reminiscenze dei Pink Floyd, dei King Crimson e di Nick Cave. Alcune recensioni lo mettono in relazione a quel rock sperimentale che piace tanto al giorno d'oggi, alla musica dei Radiohead o dei Sigur Rós, per capirci. Difficile una catalogazione in base al genere: è sicuramente un album sperimentale, e alcuni critici lo indicano come "art rock" che è una di quelle definizioni che non vogliono dire niente di per sé. Più genericamente possiamo affermare che Shadow of the Sun è un bell'album: infatti ha riscosso un certo successo, ha spinto gli Ulver a tornare a suonare dal vivo (non lo facevano dai tempi del Black Metal) ed è sicuramente un prodotto adatto ai tempi in cui è uscito. Io non ho il sospetto che sia frutto di un'abile manovra commerciale perché si inserisce pienamente nella concezione musicale degli Ulver: una musica che si fa rarefatta, giungendo forse alla concezione musicale ricercata da Garm, che nella prima metà degli anni Zero produceva Ep altrettanto sperimentali sulla base dell'idea, forse un po' intellettualoide, di ricercare "la musica del futuro: il silenzio".
Per fortuna al silenzio non ci è ancora arrivato e così possiamo gustarci quest'album (e il successivo).
Trovo che quest'album sia magistrale: lo sperimentalismo non è barocco e fine a se stesso, la ricerca del silenzio si fa sentire, è coinvolgente rimanendo sempre delicato. Ha (non è dettaglio irrilevante) una bellissima copertina e mostra un'omogeneità tale da essere forse eccessiva, troppo un concept album (il concetto sarebbe quello riassunto dal titolo, ed è una tematica molto alla Black Metal, quella del rapporto tra ombra e sole, del crepuscolo e della solitudine). C'è una cover ottima di Solitude dei Black Sabbath (che era già una bella canzone) e alcune canzoni (Eos, Funebre) rimangono impresse.



Ho parlato di questo disco volendo parlare di quello successivo, il recente Wars of the Roses, perché mi sembrano fortemente in relazione l'uno con l'altro. Il secondo completa la trama che il primo aveva intrecciato, lo rifinisce e lo supera. Le caratteristiche dell'album sono simili a quello che lo ha preceduto: la musica è impalpabile, lo sperimentalismo è estremo ma mediato da una generale atmosfera soffusa. Anche quest'album ha luci crepuscolari, e talvolta ha sonorità più "angosciose" del già ambiguo precedente. Forse il contrasto luce-ombra è leggermente spinto più oltre, ma non risulta assolutamente radicale: gli Ulver erano raffinati e intellettuali anche ai tempi del Black Metal, figurarsi ora che suonano questa musica così gradevole e piacevole. Peraltro il paragone già fatto con la musica "alla moda" dell'ultimo decennio è secondo me più forte con questo prodotto: è evidente ad esempio in Febraury MMX e September IV, due ottime canzoni, come anche le altre: caratteristica di quest'album, che lo distingue dal precedente, è proprio il rimanere impresso dei singoli pezzi, rispetto all'atmosfera generale. Viene sottolineata anche, e fa il paio con Shadow of the Sun, l'abilità vocale con Garm che da solo riesce a creare atmosfere e a trasmettere un insieme di sentimenti e sensazioni. Un'attenzione particolare merita la gestione dei "rumori", ulteriore punto di forza di quest'album. Per limitarlo posso ammettere che la copertina non mi ha fatto impazzire.



Questa breve esposizione degli ultimi due album degli Ulver, album decisamente accessibili a tutti e che incantano e travolgono, vuole soprattutto essere un invito all'ascolto: finché li magnificavo io, quando facevano Avant-garde metal, potevano solo sembrare dei metallari con un po' di spocchia. Ma ora che il loro sperimentalismo si è spinto in territori "di massa", pur mantenendo una concezione della musica da nicchia, fortemente auto-consapevole dello spirito di ricerca continua che la anima (ci vuol pur sempre del coraggio nel fare canzoni di 14 minuti come Stone Angels), non si poteva non parlarne, e far sì che questi due album rimanessero poco conosciuti. Anche perché noi siamo pur sempre i Cojoti e gli Ulver (Lupi) sono anche mezzi parenti! Spero pertanto di aver generato un minimo di curiosità che vi spinga ad ascoltarli.

Matteo R.

Playlist di Shadow of the Sun e Wars of the Roses.

4 commenti:

Luigi ha detto...

Ho letto questo post e ascoltato le due canzoni segnalate. Già questa è una notizia: l'ultima volta che ci hai propinato della musica, personalmente non ero riuscito a reggerla per più di qualche secondo. Per fortuna questa volta non è andata così.

Stento a credere che questo sia lo stesso gruppo che ha partorito "Themes from Wiliiam ecc ecc". Nella mia (limitata) esperienza musicale non mi sono mai imbattuto in un cambio così radicale di genere e sonorità. Non appena avrò a disposizione una connessione veloce mi ascolterò altre canzoni, per ora dico che: "Eos" è una musica da atmosfera, direi da sottofondo, e sembra quasi una colonna sonora; "September IV" invece è effettivamente più simile a cose già sentite, però si fa sentire.

Peccato che sulla wikipedia italiana non ci siano le voci su questi ultimi album. Ci vorrebbe proprio qualcuno che le scrivesse...

Matteo R. ha detto...

Luì, una volta che avrai ascoltato i due album per intero ti assicuro che sarai ancora più sconvolto! Poi in effetti non è che manchino esempi di artisti musicali che spaziano, ma mi sembra più rilevante un cambio così radicale da parte di un gruppo così recente. Cioè, una cosa di cui può lamentarsi tranquillamente chiunque è che gli artisti musicali, costretti dalle logiche di mercato, si rinchiudano all'interno di un proprio sound specifico (c'è anche gente a cui questa cosa piace, pensa te): gli Ulver, per fortuna per noi, invece non hanno paura di mettersi in gioco, e lo fanno senza peraltro rinchiudersi in un vuoto sperimentalismo fine a se stesso.

"Sembra quasi una colonna sonora" è un'osservazione molto azzeccata: hai forse letto su Wikipedia che i nostri hanno composto anche le colonne sonore per ben due film?

Luigi ha detto...

No, in realtà non l'ho letto. Ma sentite queste due tracce mi è venuto subito in mente: non solo per l'assenza della voce, ma anche per le sonorità stesse, che sembrano quasi accompagnare qualcos'altro.
Chissà che film sono. Hanno dei titoli inquietanti (e Linkantropen Themes rimanda al black metale, eh)

Unknown ha detto...

Io ho sentito per interi tutti e due gli album e mi sono piaciuti un sacco. Li ho anche messi come sottofondo musicale durante la stesura della maledetta relazione su Lattanzio. Potrei mettermi a dire quali sono le canzoni che mi sono piaciute di più, ma forse non sarebbe utile più di tanto. Alle canzoni citate da Matteo aggiungerei solo Providence di Wars of the roses e Like music di Shadows of the sun (che tanto per ricollegarmi ai discorsi di sopra mi sembra proprio tanto una colonna sonora). La copertina di questo album poi mi ha fatto letteralmente impazzire: mi sembra bellissima anche se forse un po' stereotipata: a titolo di cronaca vi posso dire (ma a Matteo l' ho già detto) che l' animale in copertina si chiama mucca Kankrej o Guzerat (ora che guardo meglio mi sembra più Kankrej che Guzerat).
Gli Ulver li preferisco in questa veste.

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